LA CORTE DI APPELLO DI VENEZIA 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa RG n.  1019/2009
promossa con ricorsi depositati il 15.12.2009 da: Dalla Valle Ranieri
Angelo,  Canale  Silvano,  Ciechi  Graziella,  Zordan  Siro  Giovanni
rappresentati e difesi dagli Avv.ti Nicola Zampieri e  Alberto  Rela,
come da mandato a margine dei ricorsi d'appello, con domicilio eletto
presso lo studio dell'Avv. Enrico Tonolo in Venezia  San  Marco  4590
appellanti - contro I.N. P.S. - ISTITUTO NAZIONALE  DELLA  PREVIDENZA
SOCIALE,  in  persona  del   legale   rappresentante   pro   tempore,
rappresentato e difeso  dagli  Avv.ti  Marco  Cavallari  e  Antonella
Tomasello giusta procure notarili in atti, elettivamente  domiciliato
in Venezia, presso l'Ufficio Legale Inps di Venezia, Dorsoduro 3591/I
- appellato -  avverso  le  sentenze  del  Tribunale  di  Vicenza  in
funzione        di        Giudice        del        Lavoro        nn.
340/2008-342/2008-343/2008-348/2008 depositate il 16.12.2008; 
 
                                Fatto 
 
    1. Gli appellanti in epigrafe indicati, premesso di aver prestato
lavoro dipendente in Svizzera, hanno impugnato le sentenze  di  primo
grado con le quali erano state  rigettate  le  domande  dai  medesimi
proposte  nei  confronti  dell'Inps  e   dirette   ad   ottenere   la
riliquidazione delle rispettive pensioni. Queste ultime  erano  state
calcolate, con il sistema retributivo,  all'esito  del  trasferimento
all'INPS dei contributi accreditati in Svizzera. La  retribuzione  di
riferimento  a  tale  fine  era  stata   determinata   con   riguardo
all'entita' delle  aliquote  contributive  svizzere,  piu'  bassa  di
quella italiane. Gli  appellanti  chiedevano  la  riliquidazione  dei
rispettivi trattamenti pensionistici (riconosciuti con decorrenza  da
novembre 1997 allo Zordan, da ottobre 1996 al  Canale,  da  settembre
1991 alla Ciechi e da ottobre 1996 al Dalla Valle), tenendo conto  di
quanto effettivamente percepito, nel periodo lavorato in Svizzera,  e
non di quanto figurativamente ricostruito dall'INPS, sulla base della
maggiore aliquota contributiva italiana. 
    2. Le sentenze di primo grado impugnate anche nei giudizi riuniti
(R.G. nn. 1020/2009-1021/2009-1022/2009) hanno rigettato  le  domande
in applicazione della  L.  n.  296  del  2006,  art.  1,  comma  777,
affermandone la natura  retroattiva  come  da  sentenza  della  Corte
costituzionale  n.  172  del  2008,  che  ha   ritenuto   la   natura
interpretativa della suddetta L. n. 296 del 2006, art. 1, comma  777,
rigettando la relativa questione di legittimita' costituzionale. 
 
                               Diritto 
 
    1. Gli appellanti hanno svolto attivita' di lavoro dipendente  in
Svizzera, maturando un periodo di contribuzione previdenziale di  cui
hanno chiesto il trasferimento dalla assicurazione sociale elvetica a
quella italiana. 
    2. Nella presente controversia questa Corte e' chiamata, in primo
luogo, a pronunciarsi sulla applicazione alla  fattispecie  in  esame
della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 777 in ragione  del  primo  e
principale motivo di impugnazione articolato dagli appellanti. 
    3. Con le sentenze appellate, in conformita'  a  quanto  ritenuto
dalla  Corte  costituzionale  (cit.  sent.  N.  172/2008),  e'  stato
affermato che la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 777  ha  efficacia
retroattiva. 
    4. E' noto che la questione delle cosiddette "pensioni svizzere",
presenta un articolato quadro normativo e giurisprudenziale,  che  e'
stato compiutamente riepilogato nell'ordinanza  della  Cassazione  n.
23834/2011, con la quale e' stata nuovamente sollevata  questione  di
legittimita' costituzionale  della  citata  disciplina.  E'  altresi'
noto, infatti, che la Corte di cassazione con ordinanza n. 5048 del 5
marzo 2007 aveva sollevato questione di  legittimita'  costituzionale
della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 777 in riferimento all'art. 3
Cost., comma 1, all'art. 35 Cost., comma  4,  e  all'art.  38  Cost.,
comma 2. 4.5. La Corte costituzionale con  la  sentenza  n.  172  del
2008,  nel  dichiarare  non  fondata   la   relativa   questione   di
costituzionalita',  ha  affermato  che  tale  disposizione  ha   reso
esplicito un  precetto  gia'  contenuto  nelle  disposizioni  oggetto
dell'interpretazione autentica e non integra violazione del principio
di uguaglianza, ne' contrasto con l'art. 3.8 Cost. 
    5. Tanto sinteticamente premesso, si rileva che la medesima norma
trova applicazione nella fattispecie oggetto del  presente  giudizio,
riguardando la disciplina sostanziale le modalita' di  determinazione
della retribuzione pensionabile in  presenza  di  contributi  versati
all'estero e trasferiti presso l'assicurazione generale obbligatoria,
fattispecie su cui,  per  l'appunto,  verte  l'odierna  controversia.
Inoltre la medesima disciplina, in  base  a  quanto  affermato  dalla
Corte costituzionale  con  la  sentenza  n.  172/2008,  ha  efficacia
retroattiva, non operando i limiti dello ius superveniens innovativo.
Infine, occorre sottolineare che non  ha  incidenza  sulla  rilevanza
della  questione  di  legittimita'  costituzionale   l'eccezione   di
decadenza ex art.47 d.P.R. n. 639/1970 sollevata dall'Inps,  rilevato
che in  base  alla  stessa  prospettazione  dell'Istituto,  anche  in
ipotesi di accoglimento di  detta  eccezione,  resterebbero  salvi  i
ratei maturati entro il triennio computato a ritroso  dalla  data  di
deposito del ricorso introduttivo e che, sul punto, non vi  e'  stato
alcun rilievo d'ufficio. 
    6. Si e' detto che  con  ordinanza  n.  23834/2011  la  Corte  di
cassazione ha sollevato questione di costituzionalita'  in  relazione
ad  articolati  profili  di  censura  che  questa   Corte   condivide
pienamente, in riferimento all'art. 117 Cost., comma 1, in  relazione
all'art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei  diritti  dell'uomo
(CEDU) sottoscritta dall'Italia il 4 novembre 1950 e  resa  esecutiva
con  L.  4  agosto  1955,  n.  848  (Ratifica  ed  esecuzione   della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950  e  del
Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a  Parigi  il
20 marzo 1952), secondo il quale ogni persona ha diritto a che la sua
causa  sia  esaminata  equamente  (pubblicamente  ed  in  un  termine
ragionevole) da un tribunale (indipendente ed imparziale,  costituito
per legge)  chiamato  a  pronunciarsi  sulle  controversie  sui  suoi
diritti e doveri di carattere civile (...), come  interpretato  dalla
Corte europea dei diritti dell'uomo, e, in particolare, in  relazione
ai principi enunciati rispetto alla  fattispecie  esaminata,  con  la
sentenza della seconda Sezione del 31  maggio  2011,  resa  nel  caso
Maggio  e  altri  contro  Italia  (ricorsi  nn.  46286/09,  52851/08,
53727/08, 54486/08 e 56001/08),  divenuta  definitiva  il  31  agosto
2011. Le parti appellanti  hanno  dichiarato  di  avere  interesse  a
partecipare al giudizio rimesso alla Corte costituzionale e  pertanto
con la presente ordinanza si solleva questione  di  costituzionalita'
in base ai medesimi profili di cui alla citata ordinanza. 
    7. Come anticipato, nella fattispecie in esame  la  questione  di
costituzionalita' nei  termini  sopra  prospettati  e'  senza  dubbio
rilevante, posto che le cause riunite  sono  state  decise  in  primo
grado, e dovranno esserlo  nel  presente,  con  l'applicazione  della
disposizione dettata dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 777. Non
incide  sulla  rilevanza  l'eccepita  decadenza   nel   senso   sopra
precisato, ribadito che,  anche  qualora  fosse  accolta  l'eccezione
dell'Inps, in ogni caso dovrebbe trovare applicazione l'articolo  "de
quo" in relazione ai ratei non "travolti". 
    8.  Si  riassumono  di  seguito  i  profili   di   illegittimita'
costituzionale piu' che esaustivamente indicati ed argomentati  dalla
cassazione con la citata ordinanza del 2011. 
    9. Occorre richiamare, nello specifico, il rapporto tra  fonti  e
Corti nazionali e  sovranazionali,  tenuto  conto  che  la  norma  ha
costituito oggetto di pronunce, tra loro  "dialoganti",  del  Giudice
nazionale, della Corte  costituzionale  e  della  Corte  europea  dei
diritti  dell'uomo.  Nella  prospettazione  dell'attuale  dubbio   di
costituzionalita', assume peculiare rilievo la pronuncia della  Corte
di Strasburgo resa nel caso Maggio, intervenuta sulla L. n.  296  del
2007, art. 1, comma 777 quando tale disposizione aveva gia'  superato
il vaglio del Giudice delle Leggi - come dato atto dalla stessa Corte
EDU  -  con  un  conseguente  mutamento   della   giurisprudenza   di
legittimita' in materia. In base a quanto affermato dal Giudice delle
leggi con le sentenze n. 348 e n.  349  del  2007  (da  ultimo  Corte
costituzionale, sentenze n. 236, n. 113 e n. 1 del  2011),  le  norme
della CEDU - nel significato loro attribuito dalla Corte europea  dei
diritti  dell'uomo,  specificamente  istituita  per  dare   ad   esse
interpretazione ed applicazione (art. 32, par. 1, della  Convenzione)
- integrano, quali  norme  interposte,  il  parametro  costituzionale
espresso dall'art. 117 Cost., comma 1, nella parte in cui  impone  la
conformazione della legislazione interna ai vincoli  derivanti  dagli
obblighi internazionali. Detta ricostruzione e' stata  ribadita  dopo
l'entrata in vigore del Trattato di  Lisbona  del  13  dicembre  2007
dalla sentenza n. 80 del 2011. Pertanto nel caso in cui si profili un
contrasto tra una norma interna e una  norma  della  CEDU  (che  deve
essere applicata nel significato attribuito  dalla  Corte  EDU,  cfr.
citate sentenze n. 113 e n. 1 del 2011), il giudice nazionale  comune
deve    preventivamente    verificare    la     praticabilita'     di
un'interpretazione della prima  conforme  alla  norma  convenzionale,
ricorrendo a tutti  i  normali  strumenti  di  ermeneutica  giuridica
(cosi' sentenze n. 93 del 2010, n. 113 del 2011, n. 311 e n. 239  del
2009). Se detta verifica da' esito negativo e il contrasto  non  puo'
essere risolto in via interpretativa, il giudice comune, non  potendo
disapplicare  la  norma  interna  ne'  farne  applicazione,  avendola
ritenuta in contrasto con la CEDU, e pertanto  con  la  Costituzione,
deve denunciare la rilevata incompatibilita' proponendo questione  di
legittimita' costituzionale in riferimento all'art. 117 Cost.,  comma
1, ovvero all'art. 10 Cost., comma 1, ove  si  tratti  di  una  norma
convenzionale ricognitiva di una  norma  del  diritto  internazionale
generalmente riconosciuta (sentenze n. 113 del 2011, n. 93 del 2010 e
n. 311 del 2009). Spetta poi alla Corte costituzionale verificare  la
compatibilita' della norma CEDU, nell'interpretazione del giudice cui
tale compito e' stato espressamente attribuito  dagli  Stati  membri,
con le pertinenti  norme  della  Costituzione,  pur  senza  sindacare
l'interpretazione della norma CEDU operata dalla Corte di Strasburgo.
Cosi' viene realizzato un corretto bilanciamento  tra  l'esigenza  di
garantire il rispetto  degli  obblighi  internazionali  voluto  dalla
Costituzione e quella di evitare che cio' possa comportare per  altro
verso un vulnus alla Costituzione stessa (sentenza n. 349 del 2007). 
    10. Nella fattispecie in esame, la questione di costituzionalita'
della L. n. 296 del  2007,  art.  1,  comma  777  in  riferimento  ai
parametri costituzionali sopra invocati, non e'  risolvibile  in  via
interpretativa e, oltre ad essere rilevante, supera il  vaglio  della
non manifesta infondatezza. 
    11. Occorre di nuovo richiamare la nota sentenza Maggio, con  cui
la Corte EDU ha affermato che con  l'art.  1,  comma  777,  lo  Stato
italiano ha violato i diritti dei ricorrenti di cui all'art. 6,  par.
1, della Convenzione europea dei diritti  dell'uomo  intervenendo  in
modo decisivo per garantire che l'esito del procedimento in cui  esso
era parte gli fosse favorevole. Le  argomentazioni  a  fondamento  di
detta decisione,  richiamate  nell'ordinanza  della  cassazione  del.
2011, per brevita' non vengono riassunte, rinviando a quanto espresso
in detta ordinanza. E' sufficiente  solo  richiamare  i  fondamentali
principi generali del diritto comunitario che vengono in discussione,
ossia quelli della certezza del diritto, della tutela  del  legittimo
affidamento, dell'uguaglianza della parita' delle armi del  processo,
dell'effettiva tutela  giurisdizionale  e  del  diritto  ad  un  equo
processo. 
    12. Nel  caso  oggetto  del  presente  giudizio,  in  riferimento
dell'art. 6, par. 1, della CEDU, come interpretato dalla  Corte  EDU,
nelle sentenze richiamate e nella sentenza Maggio  (in  uno  all'art.
117 Cost., comma 1), a parere di  questo  Collegio  si  prospetta  il
dubbio di legittimita' costituzionale della L. n. 296 del 2006,  art.
1,  comma  777,   rispetto   al   quale   non   e'   dato   rinvenire
un'interpretazione   conforme   alla   Convenzione.   Infatti,   come
puntualmente evidenziato dalla cassazione con la  nota  ordinanza  di
rimessione del  2011,  la  verifica  di  compatibilita'  della  norma
censurata con la Convenzione - in ragione degli elementi  valorizzati
dalla  giurisprudenza  della  Corte  di   Strasburgo   per   ritenere
ammissibili le disposizioni interpretative, ravvisando la sussistenza
di  motivi  imperativi  di  interesse  generale  -  e'   gia'   stata
effettuata, con esito negativo, dalla sentenza Maggio. In altri casi,
invece, la legittimita' di norme nazionali interpretative concernenti
disposizioni oggetto di procedimenti nei quali e' parte lo  Stato  e'
stata riconosciuta dalla Corte di Strasburgo, ad esempio in  presenza
di "ragioni storiche epocali", come  nel  caso  della  riunificazione
tedesca (caso Forrer-Niederthal c. Germania, sentenza del 20 febbraio
2003)   o   per   ristabilire   un'interpretazione   piu'    aderente
all'originaria volonta' del legislatore, al fine di porre rimedio  ad
una  imperfezione  tecnica  della  legge  interpretata  (sentenza  23
ottobre 1997, National & Provincial Building Society, Leeds Permanent
Building  Society  e  Yorkshire  Building  Society  c.  Regno  Unito;
sentenza del 27 maggio 2004, Ogis-institut Stanislas, Ogec St. Pie Xe
Bianche De Castille e altri c. Francia). Cio' posto, questo  Collegio
non puo' sostituire il proprio giudizio  a  quello  della  Corte  EDU
(sentenza    Maggio)    nella    valutazione    della     rispondenza
dell'approvazione  della  norma  alla  sussistenza  degli  stringenti
motivi di interesse generale,  assunti  dallo  Stato  alla  base  del
proprio intervento legislativo. Anche la Corte costituzionale, in via
di principio,  ha  affermato  di  non  poter  sostituire  la  propria
interpretazione di una disposizione della CEDU a quella  della  Corte
di Strasburgo. Invece la Corte costituzionale puo'  valutare  in  che
modo e con quali  ripercussioni  il  "prodotto"  dell'interpretazione
della Corte  europea  si  inserisca  nell'ordinamento  costituzionale
italiano, dato che la norma CEDU, nel momento in cui  integra  l'art.
117 Cost., comma 1, entra come disposizione di pari rango nel sistema
delle fonti. 
    13. A fronte di una dedotta violazione dell'art. 117 Cost., comma
1, in riferimento a disposizioni  della  CEDU,  compete  quindi  alla
Corte  costituzionale  il  controllo  del  rispetto  dei   cosiddetti
"contro-limiti". Come esattamente puntualizzato dalla cassazione  con
la nota ordinanza del 2011, detto controllo "assume peculiare rilievo
nel caso di specie, nel quale e' gia' intervenuta una sentenza  della
Consulta che ha vagliato, proprio con riguardo all'art. 1, comma 777,
diversi parametri costituzionali invocati  rispetto  alla  disciplina
sostanziale, ed ha fatto riferimento, inoltre,  ai  principi  di  cui
all'art. 81 Cost., considerato, altresi', che la Corte costituzionale
ha affermato che fare salvi i motivi imperativi d'interesse  generale
che suggeriscono al legislatore nazionale  interventi  interpretativi
nelle situazioni che qui rilevano non puo' non  lasciare  ai  singoli
Stati contraenti quanto meno una parte del compito  e  dell'onere  di
identificarli, in quanto nella  posizione  migliore  per  assolverlo,
trattandosi,  tra  l'altro,  degli  interessi  che  sono  alla   base
dell'esercizio del potere legislativo. Le decisioni in  questo  campo
implicano,  infatti,   una   valutazione   sistematica   di   profili
costituzionali, politici, economici, amministrativi e sociali che  la
Convenzione europea lascia alla competenza  degli  Stati  contraenti,
come e' stato riconosciuto, ad esempio, con la formula del margine di
apprezzamento, nel caso  di  elaborazione  di  politiche  in  materia
fiscale, salva la ragionevolezza delle soluzioni  normative  adottate
(sentenza Corte cost., n. 311 del 2009)". 
    14. In base alle argomentazioni suesposte, ritiene  questa  Corte
che sussista la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale della. L. n. 296  del  2009,
art. 1, comma 777 in riferimento all'art.  117  Cost.,  comma  1,  in
relazione all'art. 6, par. 1, della Convenzione europea  dei  diritti
dell'uomo (CEDU), come interpretato dalla  Corte  di  Strasburgo,  in
particolare, con sentenza resa nel caso Maggio e altri c. Italia.